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domenica 8 maggio 2011

Il Gelsomino Notturno.

Scritta il 21 luglio 1901, ma l'ideazione è degli anni 1897-98. Inserita nella prima edizione dei Canti di Castelvecchio (1903). E' rivolta all'amico Gabriele Briganti, poeta bibliotecario lucchese, in occasione della nascita del figlio, ma è come se il poeta, che nel 1901 aveva 46 anni, la scrivesse a se stesso, poiché egli s'immagina d'essere uno sposo senza esserlo. Cinque anni prima della stesura della poesia era naufragato il suo progetto di matrimonio con la facoltosa cugina riminese Imelde, ormai trentenne, figlia di Alessandro Morri. In questa decisione influì pesantemente la sorella di Pascoli, Maria, che viveva con lui.

E s’aprono i fiori notturni,
nell’ora che penso ai miei cari.
     Sono apparse in mezzo ai viburni
     le farfalle crepuscolari.

Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia.
     Sotto l’ali dormono i nidi,
     come gli occhi sotto le ciglia.

Dai calici aperti si esala
l’odore di fragole rosse.
     Splende un lume là nella sala.
     Nasce l’erba sopra le fosse.

Un’ape tardiva sussurra
trovando già prese le celle.
     La Chioccetta per l’aia azzurra
     va col suo pigolio di stelle.

Per tutta la notte s’esala
l’odore che passa col vento.
     Passa il lume su per la scala;
     brilla al primo piano: s’è spento...

È l’alba: si chiudono i petali
un poco gualciti; si cova,
     dentro l’urna molle e segreta,
     non so che felicità nuova.
                                           G. Pascoli

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